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Argomento trattato nel Centro Ederel
Info e iscrizioni: segreteria Nunzia 335.6464259 - segreteria amm.va Raffaella 393.9715464 Significato e origine della parola Zen In sanscrito dhyana, in cinese ch’an, in giapponese zen: pensare, riflettere, meditare. Zen chanZen è la pronuncia giapponese del carattere cinese “Chan” (禪), che a sua volta è la traduzione del termine sanscrito “Dhyana“. Il suo significato letterale è “visione”, ma viene spesso tradotto anche con “meditazione”, intesa come “stato di perfetta equanimità e consapevolezza”. La pratica del Dhyana era largamente utilizzata nel Buddismo, nell’Induismo e nel Jainismo per raggiungere l’illuminazione (che a seconda della religione era vista come perfetta purezza mentale, ricongiungimento con Dio oppure apertura del terzo occhio). Un percorso linguistico, storico e culturale, che descrive come lo Zen non sia una religione né una filosofia, bensì una metodologia dello spirito, della coscienza e della mente che può essere adottata da chiunque, in qualunque luogo e tempo. Lo Zen è una Via semplice, diretta e concreta che ci riporta alla realtà, “qui e adesso”. Percorrendo la Via dello Zen, chiunque può superare i condizionamenti e gli attaccamenti dietro cui si nasconde la realtà e immergersi nella vita attimo dopo attimo, per cogliere la Verità Assoluta e viverla liberamente e creativamente. Lo Zen non intende spiegare che cosa sia questa Verità Assoluta, perché è solo attraverso l’esperienza diretta che essa può essere contattata e ogni tentativo di spiegazione sarebbe relativo e non assoluto. In ogni parte del mondo, mistici sufi, cristiani, buddhisti, induisti e aborigeni hanno rinunciato alla sicurezza delle teorie e dei propri schemi mentali per fare esperienza di questa Verità Assoluta. Questa Verità è una e la Via dello Zen si occupa di questo Assoluto, non di uno schema religioso fissato dall’ uomo come “io personale”. Lo Zen torna, infatti, all’ insegnamento di quell’uomo libero, il Buddha Shakyamuni che… …un giorno un’immensa folla di persone si radunò per ascoltare gli insegnamenti di Shakyamuni, il Buddha. Il Buddha non disse una parola tenne semplicemente in mano un fiore, solo il discepolo Kasyapa comprese l’essenza di questo gesto. Avvenne così la prima trasmissione di un insegnamento senza parole, da maestro a maestro da mente a mente i Shin den Shin. Mille anni dopo un monaco indiano arrivò in Cina dopo un lungo viaggio si chiamava Bodhidharma. Era il ventottesimo erede di una ininterrotta linea di maestri discendente direttamente dal Buddha e portava con sé l’essenza di quell’insegnamento. Come altri sulla terra, il Buddha Shakyamuni ebbe un giorno esperienza diretta della “natura vera della vita”, l’Illuminazione, e trascorse tutto il resto della sua esistenza a indicare agli altri la strada perché potessero loro stessi realizzarla. Per lo Zen il messaggio del Buddha è giunto a noi passando attraverso una trasmissione ininterrotta di Maestri. Questo è il motivo per cui nello Zen non sono tanto importanti gli insegnamenti scritti, quanto la vita vera del Maestro Illuminato. Non è lo studiare la Via del Buddha l’essenziale, ma il viverla attualizzandola nella realtà di tutti i giorni. Possiamo quindi dire che lo Zen è nell’ attimo presente, “qui e adesso”, e solo in questo possiamo ritrovarci. In molti si avvicinano alla meditazione Zazen perché curiosi di sperimentare non solo la pratica meditativa in sé, ma anche e soprattutto i dettami dello Zen. Eppure sono davvero poche le persone che comprendono a fondo il suo significato e sono in grado di accoglierlo nelle loro vite. Bodhidharma, il monaco indiano considerato il fondatore della scuola Chan/Zen, lo descrive come segue: Una speciale tradizione esterna alle scritture Non dipendente dalle parole e dalle lettere Che punta direttamente al cuore dell’uomo Che vede dentro la propria natura e diviene Buddha. Volendo semplificare questa definizione, potremmo a grandi linee descrivere lo Zen come segue:
Arrivati a questo punto potremmo chiederci perché sia così importante fare tesoro dell’attimo presente. Per quale motivo il futuro, il passato e tutti i pensieri che ci isolano dalla realtà vanno eliminati dalla nostra mente? La risposta è tanto affascinante quanto enigmatica: secondo lo Zen, eliminando le nostre sovrastrutture mentali e superando l’attaccamento al mondo materiale è possibile arrivare alla Verità Assoluta e viverla nella sua pienezza. Non viene mai specificato nei dettagli quale sia questa Verità (anche chiamata Illuminazione, simile a quella sperimentata dal Buddha), perché si tratta di un’esperienza soggettiva e unica per ogni persona. La parte importante nello Zen è l’esperienza effettiva. Anche solo provando ad applicare i suoi precetti ci rendiamo parte del moto perpetuo dell’umanità. I paradossi dello Zen Uno degli aspetti dello Zen che più confonde chi non lo conosce sono i paradossi: il paradosso gioca un ruolo fondamentale negli insegnamenti dello Zen, in quanto spinge la mente in una direzione diversa da quella a cui è abituata durante la routine. In questo modo aiuta a tenere a bada il pensiero razionale e liberare la creatività e l’intuizione. Indica anche una verità che non può essere razionalmente derivata attraverso l’uso della logica. Non fatevi spaventare da questi paradossi, in quanto servono proprio a stimolare e sfidare la nostra mente. Ogni riflessione che ne deriva è un passo verso la consapevolezza. I più importanti paradossi dello Zen sono i seguenti:
Queste persone non sono ancora pronte ad affrontare questo particolare livello di sviluppo spirituale, ed è assolutamente accettabile. La strada verso la consapevolezza non va mai affrettata, e se dopo aver letto quest’articolo lo Zen vi sembrerà ancora qualcosa di poco credibile significa semplicemente che non è il momento giusto per accoglierlo nelle vostre vite. #CentroYogaEderel
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"Affidati alla vita in assenza di credenze
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